Prima non dicevo sempre la mia. Prima restavo in silenzio, mi aspettavo che tutti capissero, che tutti se ne accorgessero. A posteriori direi che è una vera follia aspettare che gli altri capiscano, nella maggior parte dei casi. Molte volte che avrei voluto dire qualcosa, non ho detto niente. E ora sono nel giro infernale con una legge del contrappasso in cui devo dire tutto per forza, in cui non voglio perdere energie a soffermarmi su quello che penso, avendo delle riserve a esprimere come e cosa sento. Se qualcosa è sbagliata la dico. Se qualcosa è giusta la dico. E così via. Mi rendo conto però che ci sono vari modi per dire le cose, e che probabilmente devo ancora trovare l'equilibrio giusto, ma ehi, ho solo 26 anni.
Quando avevo 14 anni in Toscana avevo scritto con dei miei amici delle risposte a delle domande per "giustificare" dei nostri comportamenti. Ci abbiamo messo 3 ore per sembrare più professionali possibile. Consegno il foglio e il tipo che ce le aveva chieste, prende il foglio, mi guarda negli occhi e dice che le risposte non gli interessano e lo strappa.
Quando avevo 17 anni, il 6 settembre era il compleanno del mio primo ragazzo e stavamo in un cortile di una casa, in una tavolata a mangiare pizza credo con degli amici, tutti più grandi di me di 7-10 anni. Una roba easy, ma a 17 anni ogni cosa è sentita come una cosa grande. Tra tutti gli invitati c'era un ragazzo, Alessio, che mi stava abbastanza sulle palle. Era strafottente, sgarbato, faceva finta di essere simpatico e non lo era. E trattava di merda la ragazza. Non ricordo esattamente la dinamica ma ricordo che fece una battuta del cazzo, e per scherzare ricordo di essermi bagnata le dita e di averlo schizzato. Lui era nero, gli altri lo prendevano in giro. Dopo una mezzoretta, ha avuto la brillante idea di venire dietro la mia sedia e rovesciarmi una bottiglia di birra addosso. 1 grande spreco 2 sei più piccolo di me di almeno 15 anni ma 3... al tavolo tutti ridevano, compreso quello che era il mio ragazzo, che non dico doveva proteggermi ma dire almeno qualcosa. Io l'avrei fatto. Con tono pacato e tutto. Mi sono alzata, sono andata a piangere dietro un albero. Sono tornata al momento dei regali.
Quando avevo 19 anni, ero al Mcdonald's con il mio Ex. Simone, una mia amica, il suo ragazzo, Mirko, sua sorella e il figlio piccolo. Adoro i bambini e ricordo di aver dedicato più di un momento a chiedere se potessi tenerlo in braccio. Dopo mille tentativi mi sono avvicinata a Mirko che teneva suo nipote da tipo 2 ore e non lo lasciava toccare da nessuno. Alla mia ennesima richiesta lui a un certo punto si infastidisce e mi dice "Lascia fare a me che tenevo bambini quando tu non eri ancora nei coglioni di tuo padre". Silenzio. Uno di quei silenzi terribilmente imbarazzanti. Io mi alzo, in silenzio, vado verso il mio posto, in silenzio, e tutta la sera la passo, indovinate un pò, in silenzio. Simone non ha detto niente, nessuno ha detto niente. Ero traumatizzata sulla sedia del Mcdonald's a piazza di Spagna, guardando il vuoto e sperando di tornare a casa a piangere il prima possibile.
Ora, sono le prime cose che mi sono venute in mente e lo so che oggettivamente non sono così tremende. Ma ogni singola volta avrei voluto dire qualcosa. Avrei voluto rispondere, avere la battuta pronta, invece ero congelata e timorosa di esprimere quello che provavo. E non lo voglio fare più. Sono stufa di rimanere zitta. Sono stufa di non dire come mi sento davanti alla prepotenza, stufa di aspettare che delle cose si aggiustino da sole quando ho una mezza opinione su come aggiustarle. E ogni volta che vacillo qualche attimo prima di rispondere sento di nuovo quella sensazione di frustrazione e spavento e ... rabbia. E dio se la conosco bene, potrei scriverci un libro delle volte che sono stata zitta.
La tua vita cambia quando ti ricordi che tutte le persone che incontri possono essere dei maestri, a volte c'è chi ti insegna delle cose che faranno parte di te, altre ti mostrano quello che non vorrai mai diventare. E riconosco che un sacco di esperienze di merda mi hanno portato ad avere il mio carattere (di merda?), e forse un percorso di psicoterapia non è così folle, ma al momento mi curo con i libri e con i film. Tutto fa brodo, e delle esperienze brutte ti insegnano quali sono le cose da cambiare.
Ecco, io sono stata zitta per tanti anni, e non è una giustificazione alla mia talvolta arroganza e aggressività nel dire le cose. è una spiegazione che dò nella mia testa per capire perchè conta così tanto per me non stare zitta. Grazie signora Maisel, per avermi ricordato che questa cosa ce l'abbiamo dentro, e che a volte è anche un superpotere.
Non state zitti che poi vi ammalate. Non state zitti che poi le cose vi uccidono da dentro. Non state zitti perchè è tutto troppo breve per rinunciare all'opportunità di cambiare le cose. Non state zitti solo perchè gli altri si aspettano che lo facciate, buttatevi nella cazzo di mischia. Non state zitti solo perchè a volte è più semplice. Non state zitti per evitare il confronto, che le cose brutte fanno sempre in tempo ad arrivare, non state zitti perchè il silenzio crea dei muri peggiori del cemento armato.
Non state zitti, e se avete una voce, il mondo merita di ascoltarla.
E se non vuole ascoltare, forse serve solo alzare un pò il volume.
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